Onorevoli Colleghi! - Il tema delle riforme istituzionali è da più di un ventennio all'attenzione del Parlamento. Nel tempo, si sono succeduti vari tentativi di riforma, più o meno autorevolmente sostenuti, e le proposte in materia di decentramento autonomista e di federalismo, di stabilità e governabilità, di rappresentanza e di decisione politica hanno affaticato generazioni di costituzionalisti e sostenuto un intenso confronto politico e dottrinale.
      Le riforme istituzionali hanno attraversato e caratterizzato l'intero corso della XIV legislatura. Il progetto di riforma del Governo di centro-destra modificava interamente la seconda parte della Costituzione. Sappiamo benissimo come è andata a finire, con un referendum che ha bocciato una riforma costituzionale probabilmente troppo pretenziosa e di conseguenza poco chiara al popolo italiano.
      La presente proposta di legge costituzionale non intende affrontare il tema nella sua globalità, ma vuole razionalizzare le istituzioni per migliorarne il funzionamento e ridurre i costi; un intervento di cui beneficeranno le casse dello Stato, facendo anche riacquistare alla classe politica una maggior fiducia agli occhi dell'opinione pubblica.
      Infatti, si propone anzitutto la riduzione del numero dei parlamentari, secondo le linee di un dibattito ormai antico, che vede nella riduzione medesima sia

 

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l'obiettivo della riduzione dei costi, sia la definizione di un livello di più efficiente rappresentanza politica. Secondo la presente proposta di legge costituzionale il numero dei deputati deve diminuire da seicentotrenta a quattrocento e il numero dei senatori da trecentoquindici a duecento.
      Si propone inoltre la fissazione di un numero massimo di Ministri (dodici) e di un tetto ai componenti del Governo (settantadue, compresi i dodici Ministri).
      Un'attenzione particolare è poi dedicata alle regioni. Nei primi anni '90 il dibattito evidenziava l'insoddisfazione per un sistema ancora segnato dal prevalere di un centralismo statalista. La grande crisi politico-istituzionale di quegli anni diede una forte spinta al decentramento delle funzioni dello Stato e al rafforzamento delle istituzioni territoriali, con l'introduzione di innovazioni importanti, poi culminate nella riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001).
      Lo spostamento di consistenti quote di potere reale verso il basso non sempre ha prodotto buon governo, trasparenza nei processi decisionali, maggiore responsabilità dei governanti verso i governati: anzi, non sono mancati casi in cui è cresciuta la dissipazione clientelare delle risorse in un contesto di sostanziale irresponsabilità. E ciò appare tanto più riprovevole in quanto il sistema sembra talora impermeabile alla grave crisi della finanza pubblica.
      Con la presente proposta di legge costituzionale si vuole pertanto introdurre regole stringenti per quanto riguarda l'assetto degli organi istituzionali della regione. Si intende così dare risposta a critiche assai diffuse che sono sorte - soprattutto a seguito dell'adozione dei nuovi statuti regionali - per la proliferazione del numero dei consiglieri e degli assessori.
      Infatti si propone di spostare dalla potestà esclusiva della regione a quella concorrente la legislazione elettorale, fissando di conseguenza un numero di consiglieri regionali correlato al numero di abitanti delle regioni e determinando il numero degli assessori in relazione alla composizione dei consigli regionali.
 

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